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La quiete dopo la tempesta (Giacomo Leopardi)

Marzo 17, 2013

Passata è la tempesta:

Odo augelli far festa, e la gallina,

Tornata in su la via,

Che ripete il suo verso. Ecco il sereno

Rompe là da ponente, alla montagna;

Sgombrasi la campagna,

E chiaro nella valle il fiume appare.

Ogni cor si rallegra, in ogni lato

Risorge il romorio

Torna il lavoro usato.

L’artigiano a mirar l’umido cielo,

Con l’opra in man, cantando,

Fassi in su l’uscio; a prova

Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua

Della novella piova;

E l’erbaiuol rinnova

Di sentiero in sentiero

Il grido giornaliero.

Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride

Per li poggi e le ville. Apre i balconi,

Apre terrazzi e logge la famiglia:

E, dalla via corrente, odi lontano

Tintinnio di sonagli; il carro stride

Del passegger che il suo cammin ripiglia.

 

Si rallegra ogni core.

Sì dolce, sì gradita

Quand’è, com’or, la vita?

Quando con tanto amore

L’uomo a’ suoi studi intende?

O torna all’opre? o cosa nova imprende?

Quando de’ mali suoi men si ricorda?

Piacer figlio d’affanno;

Gioia vana, ch’è frutto

Del passato timore, onde si scosse

E paventò la morte

Chi la vita abborria;

Onde in lungo tormento,

Fredde, tacite, smorte,

Sudàr le genti e palpitàr, vedendo

Mossi alle nostre offese

Folgori, nembi e vento.

 

O natura cortese,

Son questi i doni tuoi,

Questi i diletti sono

Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena

E’ diletto fra noi.

Pene tu spargi a larga mano; il duolo

Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto

Che per mostro e miracolo talvolta

Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana

Prole cara agli eterni! assai felice

Se respirar ti lice

D’alcun dolor: beata

Se te d’ogni dolor morte risana.

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